Martinez de Pasqually
Nella
difficile arte dell’evocazione angelica l’abate aveva avuto per
maestro una della personalità più misteriose del Settecento,
don Martinez de Pasqually (morto nel 1779), discendente da una famiglia di
israeliti spagnoli, convertitisi al cattolicesimo, e fondatore di un ordine
iniziatico, quello degli Eletti Cohen. Il fine di quest’ordine era la
restaurazione negli adepti delle condizioni di purezza che aveva Adamo prima
del peccato originale, quando possedeva poteri soprannaturali e dialogava
liberamente con le creature dei quattro mondi (terrestre, celeste, sovraceleste
e divino). La magia cerimoniale di ogni tradizione esoterica insegna da millenni
le tecniche necessarie per consentire manifestazioni delle forze ultraterrene
percepibili con i sensi. Queste forze vengono visualizzate dal mago sotto
forma di angeli o demoni. De Pasqually riteneva che il rito non poteva essere
utilizzato per secondi fini, come il potere o la ricchezza, ma solo per conciliare
il mondo visibile con quello invisibile, ripristinandone l’unità
originaria. L’evocazione delle entità angeliche avveniva mediante
la ripetizione costante e completa di tre diversi rituali, che dovevano compiersi
il primo ogni giorno, il secondo una volta al mese, il terzo due volte l’anno
agli equinozi.
Quello giornaliero consisteva in un’orazione eseguita sul pavimento
del proprio tempio personale dopo essersi collocati entro un cerchio magico,
precedentemente tracciato, con al centro un sigillo sacro. Il rito mensile,
che aveva luogo in tre notti consecutive tra il novilunio e il primo quarto
di luna, prevedeva che l’officiante , dopo aver tracciato un cerchio
magico quadripartito da una croce, vi entrasse vestito di solenni paramenti
e, alla luce di particolari lampade, tracciasse altri segni sacri, pronunziando
una serie di nomi divini in onore dei quali spargeva incensi aromatici. All’invocazione
dell’equinozio partecipavano in comunità tutti i membri dell’Ordine.
Ancora una volta si tracciavano cerchi magici e simbolici e si pronunciavano
invocazioni.
L’uso del cerchio nelle pratiche magiche occidentali ha un significato
che può legarsi al simbolismo della figura: il cerchio infatti rappresenta
il cielo e la perfezione. Protratto per anni, o addirittura decenni, il rito
produceva alla fine il suo effetto e l’adepto, purificato, riusciva
a stabilire il contatto con il mondo superiore mediante l’apparizione
sconvolgente di un’entità ultraterrena. Questo contatto provocava
un rivolgimento totale, quasi un terrore divino.